C’era una volta un re, che bramava
del mondo la misura veritiera,
ma chi potesse farla non trovava.
Finché un bel giorno di primavera
a corte si presenta una bambina,
che dall’aspetto pare forestiera.
“Ecco chi cerchi”, dice la vocina.
“Parti, dunque! E soppesa tutto quanto!”
ordina il re (ammiccando alla regina).
“Ma se ti sfugge una cosa soltanto,
pagherai la tua colpa con la vita”
decreta egli, che non è certo un santo.
E quella si avvia, quasi andasse in gita,
allegra come il vino più frizzante
e negli occhi una fiamma divertita.
Viaggiando per il mondo senza atlante
percorre valli, strade e mulattiere
e rilancia un sorriso a ogni viandante.
Adopra metri, bilance, stadere,
orologi, clessidre e meridiane,
calibri, squadre, scandagli e tastiere.
Valuta le distanze più lontane,
i più svariati pesi toglie o aggiunge,
finché, da calcolar, niente rimane.
Ma mentre fa ritorno, e non è lunge,
a strapparle via tutte le carte
una oscura tempesta sopraggiunge.
Di tutte le misure apprese ad arte
nessuna più rimane a dire quanto
conta questa terra da parte a parte.
Giunta al cospetto del regale manto
la bimba non mostra paura alcuna,
ma il re del suo editto si fa un vanto.
“Poiché di cifra con te ne hai nessuna,
giusto compenso ti sia la morte,
sì che al boia si innalzi la tribuna”.
Sorridendo finanche a questa sorte,
la bimba chiede solo di parlare
prima che la scure cali giù forte:
“Chi felice al mondo voglia restare
non si curi di prender le misure,
scelga invece le gioie a sé più care.
Non viaggiamo mai per vie sicure:
se qualcosa invero vale ottenere
siano emozioni, risate e avventure”.
Sentendo frasi così sagge e vere
la regina, al re, il collo fa accorciare
ed elegge la bimba a consigliere.
Vennero anni fausti e provvidenziali:
da allora metro, stadera e bilancia
son mostrati come cose speciali.