Figlio di mezzadri, maestro elementare di campagna, scrittore, ricercatore di oggetti d'uso quotidiano destinati alla scomparsa e creatore di una casa-museo unica al mondo: per Federico Zeri, un "santuario della società contemporanea italiana".
Questo e altro è stato Ettore Guatelli da Ozzano Taro, Parma (1921-2000).
Iniziata negli anni Cinquanta del Novecento, la sua raccolta di pinze, zappe, lattine, scarpe, orologi, giocattoli, macchinari da lavoro, e tanto altro, ha raggiunto la quota di sessantamila pezzi.
Fino a trasformare la casa di famiglia in un'opera d'arte tappezzata di oggetti che sembrano inutili, finché non ascolti la storia che raccontano.
Nel 1998 ho avuto l'occasione di stare al fianco di Ettore nella preparazione della sua prima raccolta di scritti, La coda della gatta.
Prendemmo questo titolo da uno dei testi pubblicati: raccontava di come, un tempo, i grandi insegnavano ai piccoli le cose della vita, facendoli giocare, come fa la gatta con i suoi cuccioli.
È stata un'esperienza che mi ha insegnato tanto. Per dirlo, non trovo parole migliori di quelle con cui Ettore concludeva uno dei suoi ultimi testi:
"Più che descrivere e raccontare le scatole che ho raccolto nel museo mi son lasciato andare a correrci dietro, come quelli che corrono dietro alla macchina degli sposi a cui gli amici, per uno scherzo di antica tradizione, hanno attaccato cianfrusaglie, barattoli e lattine. E con questa macchina da scrivere credo di averla fatta anch'io la mia parte".